L'aggregazione familiare consiste nell'unirsi ad un nucleo già esistente presso cui abitualmente si dimora trasferendo lì la propria residenza. I motivi come nei facsimile di cui sotto possono essere diversi:


L'aggregazione è una cosa l'adozione è altra cosa. Il diritto nobiliare del passato Regno d'Italia NON prevedeva per l'adottato il trasferimento dei titoli nobiliari al momento in essere, salvo casi particolari.
La situazione negli stati pre-unitari era nornata in modo differente, anzi per evitare l'estinzione di un cognome veniva incoraggiata l'adozione (generalmente di un secondogenito) a cui veniva dato il cognome destinato a scomparire, tutti i Titoli ad esso corrisposti e forse cosa più importante tutti i beni mobili e immobiliari, il sostanza il patrimonio, salvo diversamente deciso. A Lucca si crearono diverse situazioni in cui lo strumento venne messo in essere come ad esempio in casa Mazzarosa (per due volte) ed in casa Mansi quando venne adottato Raffaello Orsetti, secondogenito, con obbligo di dimora e di aggiungere il cognome. Raffaello Orsetti Mansi era minorenne al momento l'applicazione del vincolo per cui fino alla maggiore età restò sotto la tutela paterna che si occupò temporaneamente dei beni. Un caso insolito avvenne in casa Benassai quando morì l'ultimo con un testamento regolato da regole molto rigide a tutela degli eredi, il fedecommesso. Il fedecommesso inizialmente messo in pratica per evitare la dispersioni di importanti collezioni artistiche fu poi esteso a tutti beni creando non pochi problemi perché l'erede poteva solo beneficiare dell'usufrutto ma non delle proprietà destinate ai successori. Per quanto evidentemente iniquo come la legge del Maggiorascato ebbe lo scopo di mantenere intatti notevoli patrimoni fondiari e immobiliari, poi i tempi cambiarono e anche il fedecommesso venne eliminato.
Tornado al caso Benassai ai fatti non risultarono aventi diritto ma neppure l'obbligo di mantenere il cognome e neppure il relativo onere e onore di servire la Repubblica fu rispettato. Era previsto che in casi simili fosse competenza del Vescovo dirimere la faccenda; fu così che invece di estrarre dal bussolotto il nome fra i secondogeniti aventi diritto, il Vescovo era un Sard ei decise "illuminato dal Signore" fosse giusto che il beneficiario fosse un membro della sua famiglia. Quindi tutti i beni Benassai passarono di mano ad altro ramo di casa Sardi.