...dromedario...?

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Messaggioda Maramaldo » venerdì 20 luglio 2007, 23:31

Alla ricerca di lumi per limitare i danni della mia inestinguibile ignoranza, mi ritrovo a leggere:
"il dromedario araldico dei Borromeo"...
Va be' che sono un neofita -e pure, come dicevamo durante il servizio militare "arrivato ieri con decorrenza dopodomani"- ma il dromedario araldico mi giunge nuovo.
Cerco lo stemma dei Borromeo... toh! C'è un dromedario! Esclusa quindi la possibilità che l'estensore del libriccino medesimo fosse decadentisticamente dedito a sostanze, cerco lumi su di un dizionarietto araldico ma le pagine non mi vengono in aiuto... e nemmeno quelle sullo schermo.
...chissà chi ne sa qualcosina di più... il paziente ancorchè bizzoso camelide ha un significato simbolico in sè oppure -e non mi pare proprio, a dare una breve scorsa alla storia della famiglia- evocherebbe qualche trascorso d'oltremare?...

Con viva cordialità,


A.S.
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Messaggioda alfabravo » sabato 21 luglio 2007, 8:59

Egr. Sig. Maramaldo,

ho trovato questa nota nel libro di Ede Ginex Palmieri - San Carlo l'uomo e la sua epoca - Federico Motta Editore, 1984, stampato nel IV centenario della morte di questo santo.

"Dei cinque figli di filippo, il primogenito Alessandro (m.Venezia 1431) si conquista subito al fiducia del duca Gian Galeazzo Visconti, tanto che alla morte di questi è incaricato della tutela dei figli minorenni. Borromeo, Secondogenito (da cui discendono i Borromeo di Padova e Venezia, m. Venezia 1422), diventa tesoriere a Padova alla corte dei carraresi e accumula tali ricchezze da permettersi di essere banchiere, assieme al fratello Andrea (cavaliere aurato) a Bruges, a Londra e a Roma. Titolare della filiale di Milano, era un altro fratello, Giovanni, alto funzionario della corte ducale milanese e proprietario di ingenti ricchezze. Giovanni, celibe, senza figli, preoccupato del futuro dei suoi beni, alla notizia che la sorella Margherita era rimasta vedova di Giacomo dei Vitaliani, nobiluomo di Padova, con un figlio in tenera età, pensò di adottare il nipote e renderlo erede della sua fortuna. e Vitaliano Borromeo diventa così il vero capostipite di questa famiglia mezza toscana e mezza padovana.
Risale a questo periodo l'inquartamento dello stemma dei Borromeo con quello dei Vitaliani di Padova e l'inserimento del cammello giacente in un paniere di vimini, in atto di chi aspetta il carico, a significare il desiderio di Vitaliano di raggiungere la gloria attraverso la calma laboriosità e l'industriosa moderazione, virtù tradizionalmente attribuite al cammello. Ma c'è anche chi ha voluto malignamente vedere nel cammello accasciato la brutta immagine del giovane in attesa della pingue eredità dello zio".

Distinti saluti da Ritter
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Messaggioda Fabio Picolli » domenica 22 luglio 2007, 16:49

noto che lo stemma dei Borromeo è ricco di elementi che sembrano messi lì a caso!mi danno l'idea di significati "nascosti"...!
il cammello, l'unicorno, i tre anelli, la corona antica, le trecce, il freno, lo stemma visonteo "radioso", il cedro (Crollalanza), il serpente alato dalla testa umana, il plinti d'oro, le partizioni stesse dello scudo!non so se siano tutti ma questo riesco a cogliere!
qual'è l'origine di questo stemma così particolare?

questo stemma è davvero originale!

fabio

p.s.spero che il signor Maramaldo non se la prenda se mi sono permesso di porre anche altre domande!
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Messaggioda alfabravo » domenica 22 luglio 2007, 17:36

Lo stemma attuale dei Borromeo, come è depositato nel Codice Araldico dell'Archivio di Stato, presenta uno scudetto centrale partito dalle armi originarie, a sinistra dei Vitaliani (bandato innestato d'argento, d'azzurro e di verde), a destra dei Borromeo (fasciato di rosso e di verde cucito con la banda d'argento).
Sopra lo scudetto è la corona d'oro all'antica in sbarra in campo di rosso e le due trecce decussate, poste pure in sbarra, legate di rosso, in campo d'argento.
Al fianco sinistro, il liocorno col medaglione raggiante caricato dal biscione visconteo, al fianco destro il cammello accasciato nella cesta.
Nella seconda metà del XVII secolo, viene introdotto il quarto Arese: d'argento al volo di nero abbassato, il capo d'Impero.
Il capo porta l'"Humilitas" e la campagna un frutto di cedro d'oro posto in fascia.
Lo scudetto centrale con le armi dei Vitaliani e dei Borromeo viene affiancato, ai tempi di Vitaliano, dal cammello e dal liocorno, animale simboleggiante la fedeltà, rivolto verso il biscione visconteo, a ricordo dei vincoli di amicizia tra le due casate.
Francesco Sforza concede poi i tre anelli d'oro intrecciati, che figurano anche nell'arma di altre illustri famiglie strette da vincoli di deferenza verso la corte sforzesca.
Il freno viene concesso da Gian Galeazzo Sforza in seguito ai successi militari conseguiti da Giberto I Borromeo contro gli elvetici invasori.
Il cedro, in basso, starebbe a ricordare la ricchezza della flora e la dolcezza del clima del Verbano (tra il 1439 e il 1445, Filippo Maria Visconti ricompensò la fedeltà di Vitaliano infeudandolo poco alla volta della quasi totalità dei possedimenti viscontei sul Verbano, fino ad insignirlo, con diploma ufficiale, del titolo di conte di Arona)
Il motto "Humilitas", sulle cui origini si è molto disputato, sarebbe in relazione con la fondazione da parte di Vitaliano del Luogo Pio dell'"Humilitas", in piazza Borromeo a Milano.

Ritter
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Messaggioda San Marco » domenica 22 luglio 2007, 17:39

Ecco alcune note sul " significato " dell' Arma dei Borromeo:

< Prima di chiudere daremo qualche informazione sullo stemma, il quale, come è noto, è costituito dalle onde marine, dall’humilitas, dalle trecce o capelli biondi, dai tre anelli, dal freno, da tre fasce rosse e tre verdi attraversate da una bianca, dal cammello, dal cavallo marino.

Le onde marine, antichissime nello stemma Vitaliani e già adottate dai Borromeo in Svevia, furono rese comuni alle due famiglie (1400 circa) dal Borromeo Borromeo fratello della Margherita Borromeo che sposò il Giacomino Vitaliano e il di cui figlio Vitaliano si fece poi chiamare Borromeo, come abbiamo più sopra accennato.

Il cavallo marino fu aggiunto allo stemma nel 1445, allorché il feudo di Arona fu eretto in contea, a favore del conte Vitaliano Borromeo già Vitaliani e suoi discendenti. L’aggiunta venne così prescritta dal duca concedente: «Arma hoc in mandato et margine medio depicto videlicet unicorneum unum album in campo rubeo positum erectum , cum fasciolo ad collum et corona circa collum. Insigne nostrum viperae in campo albo rotundo circumquaque radiato suspicientem».

Il freno fu introdotto dal conte Giovanni Borromeo di Filippo, che visse dal 1439 al 1495, così essendo dichiarato anche dal Corio.

In una memoria d’archivio leggesi: «Per il morso fu che un tale conte dei Vitaliani Vitagliano era nel castello di Cannero, dominò molti svizzeri che volevano invadere lo stato di Milano». Altri dicono che l’origine dello stemma col morso fu che una volta un Borromeo e un Confalonieri erano al morso della chinea della Regina Infante quando fece l’entrata in Milano. Siccome poi fu l’accennato Giovanni Borromeo che domò gli svizzeri, così riteniamo attendibile la prima versione.

L’Humilitas sarebbe stata antichissima, ché la si vorrebbe far risalire fino a Federico Barbarossa, figlio di Federico Vitaliani, duca di Svevia, poi imperatore, il quale portò l’armi contro le città d’Italia e fu quello che umiliato si prostrò ai piedi del pontefice Alessandro III. Questo atto di umiliazione fu ricordato in una moneta nel cui rovescio eravi la sua effigie e sul diritto la parola “Humilitas”.

Qualcuno vorrebbe attribuirla a san Carlo, ma ciò non è, ché la troviamo impressa nel diploma 27 aprile 1445 col quale il duca Filippo Maria Visconti fece mandato nel governatore Francesco Piccinino per il conferimento della contea d’Arona a favore del conte Vitaliano Borromeo. È quindi anteriore alla nascita di san Carlo. Altri ritennero che l’Humilitas provenisse dal feudo di Bra e Cherasco donato dal duca al conte Vitaliano nel 1442. Noi che abbiamo consultati i relativi documenti non possiamo confermare tale fatto, ché il diploma di conferimento del feudo tace a tale riguardo.

Il cammello prostrato che tien sul dorso una corona ed un cimiero di piume lo si attribuisce al Vitaliani Giacomo che sposò la Margherita Borromeo e che tutto consumò. Un manoscritto d’archivio così ci conferma: «Il cammello in un cesto, fu un conte de’ Vitaliani, che stava in Padova e consumò tutte le sue entrate e in quel tempo era in Milano un suo zio ricco e poderoso (conte Giovanni Borromeo). Pensò il conte de’ Vitaliani a vendere tutto il poco rimanente e radunò molti muli, con gualdrappa e sopra dipinte e risolvè venire a Milano; sebene il zio aveva ricusato alle sue richieste, e giunto in Milano all’hora di pranzo, le camarieri vedendo tanti muli e strepito corsero alle finestre e videro sì bella mostra del convoglio e subito rapresentarono al sig. conte Borromeo che vi era un grande convoglio, con un grande signore, che diè l’ordine d’andarlo ad accettare, e farlo entrare, e gionto si gietò a’ piedi il suddetto sig. conte dei Vitaliani al sig. conte Borromeo, e cominciò a supplicare e piangere e alzato fu interogato cosa significavano quelle coperte dipinte, esso rispose prontamente che il Camelo ristretto in quel cesto significava la povertà del conte nipote. Piacque l’espressione e fu accettato e ben mantenuto».

Altra memoria, pure in archivio, ci dice: «Giovanni Vitaliani fu il primo che fu nominato Borromeo e fu quello che alzò quest’impresa, volendo alludere ch’egli giacea, come quell’animale, pronto alla servitù, ed all’obbedienza che doveva al zio re di Padova, sperando di essere dalla sua pietà sollevato alla corona ed agli onori che gli doveva. Conseguì il fine dei suoi voti e nell’armi dei posteri restò quell’impresa coll’altre dei loro maggiori».

In un altro manoscritto leggesi: «Il cammello con la corona sopra il dorso, penacchiera e cimiero antico di casa Borromeo usato particolarmente dal c. Vitaliano vecchio, e tale si vede dipinto nella casa sua a S. Maria Podone, nella rocca d’Arona, nella torre del Castello, ma ancora in altri castelli fabbricati da lui, e si è introdotto solo dal conte Lodovico secondo in qua il dipingere quest’arma». Questo Lodovico è il fondatore dei Castelli di Cannero detti Vitaliana».

I tre anelli vuolsi che rappresentino le tre case Sforza, Visconti e Borromeo, che, disunite, si ricongiunsero mercè matrimoni, con che pare si sia voluto giustificare il motto: “unione inseparabile”. All’incontro in un manoscritto esistente in Archivio leggesi: «Le tre anella gli furono donate da Filippo Maria Sforza Visconti duchi di Milano in premio dei continui ossequii, costante fede, singolare amore ed indefesse fatiche sostenute dai Borromeo per difesa delle signorie e stati loro».

In un altro manoscritto del prete Domenico Zonca, del 1750, a riguardo dei tre anelli è detto: «Tres aurei annuli quos huius familie insignibus Franciscus I dux Sfortia iunxit, immortale eiusdem principis amoris in Borromaeos pignus, eorumque fidelitatem et constantiam exprimunt».

Le trecce. In una memoria manoscritta è detto: «Vi sono anche alcune chiome di biondi capegli volanti, mostrando così che santa Justina martire (Vitaliani) col proprio sangue nobilitò il casato Borromeo».

Un’altra memoria dà questa versione: «Li duoi serpi, che molti credano, sono due trezze de’ capelli di santa Giustina quando ricevette il martirio».

Il prete Zonca, nel suo manoscritto riguardante la famiglia Borromeo, all’anno 1750, scrisse: «Comae ad celebrandum S. Justinae triumphi memoriam et tres fasciae virides, rubeae, albaeque transversae ad Sveviae familiam Bon Romanam olim Vitalianam pro insignibus assumpta fuere. Stemma posterius Sveviae ducum erat, quo ab Henrico IV imp. Federicus Bonromanus eius gener donabatur. Melchior Goldastus scriptor veridicus rerum Sveviae id refert».

Dello stesso parere è il padre Seregni nella sua opera “Elogium illustrissimae familiae Borromaeorum”.

Nel presentare questo nostro lavoro, al quale ci siamo dedicati con amore e confortati dalla soddisfazione di aver potuto occuparci di una famiglia sì illustre e sì benemerita, saremo lieti se avremo raggiunto lo scopo che ci eravamo prefisso di rendere un tributo di stima e di devozione all’illustre famiglia stessa, ed in ispecial modo all’ill.mo signor conte Giberto Borromeo, che ci fu largo della sua benevolenza e della sua fiducia e che ci lasciò tutto il tempo necessario perché il lavoro avesse a riuscire possibilmente rispondente alla sua importanza >.

Ricopiato fedelmente sul manoscritto originale
dell’archivista Pietro Canetta.
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Messaggioda alfabravo » domenica 22 luglio 2007, 17:49

Immagine
Stemma della famiglia Borromeo tratto da: "Famiglia Vitaliani Borromeo"
per Leopoldo Pullé estratto dall'opera "Famiglie notabili milanesi" edito da Antonio Vallardi in Milano, 1881


ImmagineStemma della famiglia Borromeo concesso al Ramo primogenito della Seconda Linea,
estratto dal decreto del Capo del Governo in data 22 luglio 1938

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Messaggioda fra' Eusanio da Ocre » lunedì 23 luglio 2007, 15:47

Fabio Picolli ha scritto:questo stemma è davvero originale!


Difatti è uno fra gli stemmi più bizzarri nel panorama delle grandi famiglie nostrane, costruito sull'onda di una moda che nel XV secolo mischiò l'araldica al nascente fenomeno delle imprese (segni e simboli criptici molto cari al pensiero rinascimentale).

Altre grandi dinastie, in quello scorcio di tempo, portarono stemmi contenenti imprese.

Alcuni esempi: i riminesi Malatesta, che unirono alle bande scaccate le iniziali IS intrecciate di Sigismondo e Isotta degli Atti; i faentini Manfredi, che usarono alcune loro imprese al posto dell'antico inquartato; i Visconti e gli Sforza, grandi produttori e consumatori (anche araldici) di imprese.

Ma nessuno come i Borromeo "araldicizzò" a tal punto le componenti tipiche di questa "sorella minore" della nostra scienza.

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Messaggioda StefanoM » lunedì 23 luglio 2007, 16:38

Per favore,già fa caldo, adesso ci mancano solo i beduini :mrgreen:

Per rimanere in tema desertico ad Aquila la famiglia Amone o Ammone ebbe un cammello nello stemma. In Abruzzo anche la famiglia Camilli, sempre di Aquila ma probabilmente originaria di Pistoia, ebbe un cammello nello stemma.

'E più facile che un cammello entri in uno stemma che... :wink:
Che ne pensi Fra Eusanio?

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Messaggioda fra' Eusanio da Ocre » lunedì 23 luglio 2007, 16:48

Mica tanto! La prova, carissimo, ce la dà proprio il nostro :oops: Abruzzo (e nella sua zona :shock: più montana!), visto che il comune di Pietracamela usò un cammello nella versione parlante del suo stemma...

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Messaggioda Maramaldo » lunedì 23 luglio 2007, 17:10

...e non solo; nel regno Unito, in un clima apparentemente ancora meno usuale per il simpatico quadrupede, lo stemma di Stoke On Trent -unione di Stoke Upon Trent, Burslem, Hanley, Longton, Fenton e Tunstall- concesso alla ridente cittadina nel 1912, porta per Hanley un cammello, dalle armi di tal John Ridgway, probabilmente un maggiorente locale.


Immagine


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Messaggioda fra' Eusanio da Ocre » lunedì 23 luglio 2007, 20:42

...e questo :wink: austriaco, con tanto di cammelliere alla guida?
Immagine
Accompagnato da questo testo:
Wappen der Gemeinde Timelkam

Gemeindewappen: In Rot auf grünem Schildfuß ein goldenes Kamel mit einem ebenfalls golden gekleideten Reiter, der in der linken Hand die roten Zügel, in der rechten einen blanken, silbernen Krummsäbel hält. Über einem blauen Bach schräglinkshin eine goldene Brücke; im Hintergrund auf grünem, flachem Dreiberg ein silberner, schwarz geöffneter und mit einer Zwiebelhaube schwarz bedachter Turm mit rechtsseitigem Anbau. Gemeindefarben: Rot-Gelb-Grün

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Messaggioda Fabio Picolli » lunedì 23 luglio 2007, 23:11

fra' Eusanio da Ocre ha scritto:
Fabio Picolli ha scritto:questo stemma è davvero originale!


Difatti è uno fra gli stemmi più bizzarri nel panorama delle grandi famiglie nostrane, costruito sull'onda di una moda che nel XV secolo mischiò l'araldica al nascente fenomeno delle imprese (segni e simboli criptici molto cari al pensiero rinascimentale).

Altre grandi dinastie, in quello scorcio di tempo, portarono stemmi contenenti imprese.

Alcuni esempi: i riminesi Malatesta, che unirono alle bande scaccate le iniziali IS intrecciate di Sigismondo e Isotta degli Atti; i faentini Manfredi, che usarono alcune loro imprese al posto dell'antico inquartato; i Visconti e gli Sforza, grandi produttori e consumatori (anche araldici) di imprese.

Ma nessuno come i Borromeo "araldicizzò" a tal punto le componenti tipiche di questa "sorella minore" della nostra scienza.

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certo che noi italiani ce la mettiamo tutta per essere i più fantasiosi ed originali!
forse mi sbaglierò, mi sembra che nel nostro paese l'araldica non abbia mai assunto quella austerità e rigore quasi sacrale come nei paesi del nord europa!al contrario si è sempre adattata alle epoche assorbendo ora l'una ora l'altra corrente cultarale!l'importante era mantenere chiari i riferimenti simbolici!la fantasia, l'estro, la cultura, il gusto facevano il resto!
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Messaggioda Fabio Picolli » lunedì 23 luglio 2007, 23:13

giusto per...

Immagine
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Messaggioda Maramaldo » lunedì 23 luglio 2007, 23:31

Fabio Picolli ha scritto:certo che noi italiani ce la mettiamo tutta per essere i più fantasiosi ed originali!


... e, sommessamente come si conviene al buon neofita, mi sia concesso: non riesco con tutta la buona volontà a trovarla nemmeno una cosa brutta... ;) :oops: :D

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Messaggioda adj » lunedì 23 luglio 2007, 23:31

Uno stemma comunale parlante?
(... anche se basato su un'etimologia scorretta?)
http://www.comunedicamigliano.it/module ... d=3&page=3
adj
 

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