nicolad72 ha scritto:Tu come la faresti una normativa più dettagliata? Fammi un esempio di come struttureresti la norma!
Nicola quello che rileva in questa discussione è capire quale sia la ratio della norma, al fine di poter capire gli intenti del legislatore.
La norma in esame recita che:
1)Le decorazioni non nazionali devono essere ufficialmente adottate dalla Nazione che le ha rilasciate: e su questo punto nulla quaestio;
2)Devono costituire sia motivo di orgoglio per chi li indossa sia lustro per la Forza Armata di appartenenza: ebbene qui ci addentriamo nei meandri della interpretazione. Innanzitutto non si capisce cosa il legislatore voglia intendere per “motivo di orgoglio e lustro per la Forza Armata” giacché il segno che si intende autorizzare deve preventivamente passare il vaglio di opportunità - ed in siffatta chiave di lettura non ha senso chiamare in causa quella opportunità preventivamente accordatagli-. In secondo luogo non si capisce come un segno il cui valore è insito nel suo aspetto morfologico, possa per alcuni rappresentare motivo di orgoglio e lustro per la FF.AA. e per altri no. Forse alcuni militari vanno in giro, a differenza di altri, con una scritta in fronte ho “comprato” il segno? E poiché la risposta è no mi chiedo allora quali siano questi benedetti parametri oggetti affinché si possa desumere nel conferimento l’0rgoglio e il lustro?;
3)Devono essere conferiti per particolari servizi resi, per comportamenti degni di lode tali da divenire esempio da emulare per gli altri militari: Anche in questo caso la genericità regna sovrana. Ribadisco come il conferimento di un segno sia disciplinato dall’ente che lo rilascia, per tanto nella norma in esame vi è una presunzione da parte del legislatore di volersi sostituire alle intenzioni dell’ente conferente, giacché fa sua una disciplina che non le appartiene. Il MD ha facoltà di decidere se autorizzare il segno, non certo quella di dettare disciplina dettagliata su come deve essere conferito un segno non suo. Anche in questo caso poi mancano i parametri “oggettivi”, per cui non si capisce sulla scorta di quali elementi di fatto – e non indizi o pregiudizi – un segno che da statuto viene conferito per determinati meriti, deve poi essere vagliato nel merito.
4)Non posso essere riconducibili alla mera partecipazioni ed attività di volontariato, missioni operazioni ec.ec.: Con questo punto appare chiaro come il legislatore abbia voluto “chiudere” la norma, definendo le predette attività come non necessario presupposto per l’autorizzazione al porto del segno. Premesso che la maggioranza delle decorazioni indossate dai militari sono proprio quelle relative a dette attività - Protezione Civile, CRI ec. – non si capisce allora per quale ragione tali attività debbano considerarsi per alcuni presupposto per la trascrizione, per altri invece no.
Da una veloce e superficiale disamina della norma appare chiaro come la ratio del legislatore non sia quella di “completare” la norma madre – se così fosse sarebbe stata più tassativa – bensì quella di fornire uno strumento utile al fine di interpretare ed applicare il diritto in modo differente a casi uguali: ciiò si traduce a mio avviso nel poter piegare il diritto a proprio piacimento. Il Principio di tassatività nel vigente diritto impedisce di dare in talune materie margini di discrezionalità, rendendo certo quello che il legislatore vuole garantire. La norma in esame non è per niente improntata sul Principio di Tassatività: non ha imposto parametri specifici, lascia solo ampi spazi di interpretazione, e per tanto l’arbitrio è da tenere in seria considerazione.