Pileus comes de Prata fu vescovo di Padova e poi di Ravenna, oltre che candidato (non approdato) al patriarcato di Aquileia. Si consolò diventando cardinale, ma poi baruffò col papa e bruciò il galero in piazza. Siccome era fortunato che viveva in un'epoca in cui si poteva scegliere, passò all'antipapa a Avignone e ridiventò cardinale, con un nuovo cappello. Ma non gli andò tanto bene neanche lì e così col papa nuovo tornò a Roma e ottenne anche qui la conferma del cardinalato e un ulteriore cappello nuovo fiammante, e questa volta canonico. Passò così alla storia come nel titolo del topic o, latinamente, come
Pileus trium pileorum o
de tribus pileis. Leggere per credere, se qualcuno è come S. Tommaso e/o vuole la storia raccontata in modo più serioso:
http://www2.fiu.edu/~mirandas/bios1378.htm#PrataSiccome Pileo era uno spirito, oltre che inquieto, anche romantico e i primi amori non si scordano mai, qualche anno prima di morire fondò a Padova (città dove si fece anche seppellire, in Duomo) un collegio universitario (anche in questo caso gli era andato male il tentativo precedente a Bologna) per studenti friulani (Prata è in provincia di Pordenone) di diritto canonico, che durò tra alterne vicende fino al 1891 e passò alla storia come Collegio pratense (o
dei Furlani).
Nel 1484, il card. Pietro Foscari, lontano successore di Pileo sulla cattedra di Prosdocimo, fece restaurare l'edificio che era diventato sede definitiva del Collegio (e che esiste ancora, affacciato su piazza del Santo a Padova, ma adesso è una caserma) e ci fece mettere in facciata lo stemma episcopale del fondatore Pileo.
Quando il Collegio fu soppresso nel 1891 (e l'edificio venduto per creare col ricavato delle borse di studio sostitutive, da 450 lire l'una), lo stemma (e le altre iscrizioni che c'erano) fu rimosso e trasferito al Museo Civico, allora dall'altra parte della piazza, che tuttora lo conserva nei depositi.
Siccome lo stemma è in pietra di Nanto (arenaria tenera), anche se si era ben conservato fino ad allora pur essendo rimasto esposto alle intemperie per vari secoli, sono poi bastati pochi decenni di smog moderno per distruggerlo, così che di fatto quello che si conserva oggi è una pietra tutta sfarinata che guai a toccarla, dove si riconosce appena la sagoma di uno scudo a testa di cavallo timbrato da una mitra e affiancato dai resti dei tipici fiocchi prelatizi. Ma per fortuna nel 1891 invece di fare foto digitali facilmente alterabili facevano dei bei disegni a catalogo e così ci è rimasta documentazione di com'era fatto quello stemma.
E qui viene la sorpresa: il cardinal
Cappello dei tre cappelli si ritrovava uno stemma senza cappello (ferreo contrappasso dantesco, certo...), ma quel che è più strano è che dalla parte superiore della mitra (che per di sotto era munita delle sue infule svolazzanti) fuoriuscivano due cordoni che poi scendevano sui fianchi dello scudo, con 10 fiocchi per lato. Il disegno è questo qui sotto: avete mai visto una cosa del genere?
Voglio dire: la trascrizione grafica vi pare attendibile, o sarà meglio pensare che in realtà la lastra (93x53x10) era già allora mutila in alto (e quindi in origine sopra alla mitra c'era il galero coi suoi fiocchi regolari) e il disegnatore del Museo trovandosi sti fiocchi che uscivano dal nulla ha pensato bene di farli nascere da qualche parte collegandoli alla mitra per di sopra? Magari quella specie di protuberanza tondeggiante che nella foto attuale sembra segnare il margine superiore della lastra è ciò che resta del galero perduto?